Abruzzo, fino al 7 gennaio regione isolata e mai in zona gialla
di Alessio Di Florio
Ci troviamo di nuovo a rincorrere il virus con questo sistema a semafori delle Regioni, gialle, arancioni, rosse, che in sé ha una sua logica e razionalità ma sta finendo per creare disorientamento nei cittadini”. Quanto accaduto in questi giorni, al termine di due mesi su cui Marsilio e la sua giunta tanto dovrebbero spiegare agli abruzzesi, è stata sconcertante conferma di quanto previsto in una recente intervista ad Antonio Ingroia. Finita, in tempi di detrattori a ciclo continuo e di click compulsivi sui social, all’attenzione solo per una frase mal recepita e compresa ancora peggio. Quanto accaduto nell’ultimo mese e mezzo in Abruzzo è stato l’apoteosi di questa confusione dovuta soprattutto ad atteggiamenti ben poco istituzionali e sicuramente sconcertanti da chi dovrebbe avere come primo pensiero l’interesse dei cittadini. Ed invece è apparso spinto soprattutto da interessi economici di pochi e soprattutto politici di scuderia. La regione adriatica è tornata sabato 12 dicembre, al termine di una catena disarmante di prese di posizioni e scontri politici, addirittura per un “giorno zona rossa”. Una giornata, attacca Azione Civile, “che gli abruzzesi non dimenticheranno facilmente, in poche ore dalle scuole alle attività economiche tutto è stato gettato nel caos e nell’incertezza costringendo migliaia di cittadini a ri-organizzare tutto. E tanti sono stati esposti a multe e sanzioni pesanti, non avendo ricevuto la notizia nella serata precedente della decisione del TAR”.
La catena dis-istituzionale che ha portato al 12 dicembre è iniziata addirittura due mesi prima, quando il presidente della Regione Marsilio (Fratelli d’Italia) e l’assessore alla sanità Veri (Lega Nord) affermarono che l’Abruzzo stava reggendo meglio di altre regioni l’urto della seconda ondata della pandemia e il numero di posti nelle terapie intensive non presentava nessuna criticità. In meno di due settimane, invece, le criticità e l’emergenza hanno preso nettamente il sopravvento. Il DPCM del 3 novembre, che divise le regioni in 3 fasce di classificazione con gli ormai famosi colori, collocò l’Abruzzo in “zona gialla”. Una settimana dopo la regione finì in zona arancione per essere destinata, a distanza di pochissimo tempo, addirittura a zona “rossa”. Una scelta governativa che Marsilio anticipò di cinque giorni dichiarando che così l’Abruzzo avrebbe anticipato anche il ritorno prima alla “zona arancione” e poi alla “zona gialla”. Non è stato così: l’Abruzzo si è ritrovata per alcuni giorni addirittura ad essere l’unica regione rimasta in “zona rossa”.
Convinto che l’Abruzzo dovesse tornare in “zona arancione”, interpretando i dati nazionali che vengono resi noti settimanalmente il venerdì, domenica 6 dicembre Marsilio in totale autonomia ha emanato un’ordinanza per il cambio di classificazione. Tempistiche alla mano 48 ore dopo l’ultima diffusione settimanale dei dati. Una scelta contro cui immediatamente si sono scagliati i ministri Boccia e Speranza con una diffida a ritirarla. Davanti alla scelta di Marsilio di portare avanti la scelta effettuata con quell’ordinanza, ambienti governativi il 7 dicembre sostenevano che non c’erano tempi tecnici per un ricorso al TAR. Presentato invece mercoledì 9 dicembre. Il Tribunale Amministrativo regionale abruzzese alle 19.30 dell’11 dicembre ha così deciso la sospensiva dell’ordinanza in attesa della discussione di merito che avverrà il 13 gennaio 2021. I giudici amministrativi nella sospensiva hanno sottolineato che qualsiasi atto regionale deve avvenire d’intesa con il Ministero della Salute, che le regioni hanno facoltà di imporre maggiori restrizioni ma non il contrario e che la classificazione stabilita dal DPCM è esclusiva delle “Amministrazioni statali in base a inequivocabili norme di legge”.
Dopo la notizia della sospensiva decisa dal TAR il Ministro Speranza ha telefonato a Marsilio per informarlo che era pronta una sua ordinanza con la quale l’Abruzzo domenica 13 dicembre tornava in “zona arancione”. E si è arrivati così alla sconcertante e disarmante giornata di sabato 12, improvvisamente giorno di zona rossa per la regione, con per esempio le attività economiche che si sono visti piombare tutto addosso improvvisamente, scuole primarie di secondo grado (quelle prima definite dall’ordinamento scolastico “scuole medie”) gettate nel caos. In quanto nelle cosiddette “zone arancione” gli istituti superiori restano in didattica a distanza, esattamente come nelle “zone rosse”, mentre nelle scuole medie nelle “zone rosse” la didattica a distanza è prevista per il secondo e terzo anno e in “zona arancione” per nessuno.
“Non è accettabile che, per capire cosa poter fare nella giornata successiva – il duro attacco di Azione Civile – un cittadino sia costretto a rimanere incollato a televisioni, computer e smartphone anche a costo di sacrificare il sacrosanto diritto ad una vita privata e intima e al riposo”. Dopo il caos del 12 dicembre, sottolinea una nota del movimento politico “la beffa non è ancora conclusa: dopo aver anticipato, dichiarando che così si sarebbe usciti prima, la zona rossa il pastrocchio sconcertante di questi giorni fa si che l’Abruzzo sarà (dati permettendo) l’unica regione ad essere in zona arancione il giorno di Natale e i due successivi, dopo che in realtà è stata l’ultima ad uscire dalla classificazione in zona rossa (altro che uscita anticipata!)”. Secondo le alcune notizie dei giorni scorsi, nonostante dal passaggio in zona arancione al passaggio in zona gialla dovrebbero passare 14 (e quindi si arriverebbe al 27 dicembre) o 21 giorni (in questo caso addirittura si arriverebbe al 2021) la declassificazione sarebbe potuta avvenire il 23 dicembre. Un’evenienza davanti la quale Marsilio ha immediatamente chiesto l’anticipo del passaggio a zona gialla il 20 dicembre. Arrivato il fine settimana pre-natalizio non è invece accaduto nulla di tutto questo, anzi alla luce delle restrizioni stabilite dal governo per il periodo festivo si è consumata la tempesta perfetta finale: il mix con tutta questa situazione porterà l’Abruzzo ad essere l’unica regione che rimarrà isolata fino al 7 gennaio e che chiuderà il 2020 senza mai essere neanche un solo giorno in “zona gialla”.
Il comunicato stampa di Azione Civile accende i riflettori su quanto sta accadendo in queste settimane sul fronte dell’emergenza sanitaria, precipitata “nel disastro della sanità” pubblica: “ritardi e scarsità dei vaccini anti-influenzali con proteste da parte dei medici, ospedali sotto forte stress, ad Avezzano addirittura allestimento di una tendostruttura che è stata rammendata con soluzioni di fortuna ed evacuata perché ci pioveva dentro, scontri tra sindaci e asl per la collocazione dei drive in per i tamponi, il personale sanitario che continua a denunciare quel che l’Unione Sindacale di Base definì un pandemonio già durante la prima ondata. Definire tutto questo sconcertante e inconcepibile è dir poco”. In questo scenario, attacca il movimento politico, “abbiamo assistito in questi mesi i partiti che sostengono la giunta regionale, così come quelle comunali di L’Aquila, Pescara e Chieti fino alle elezioni di settembre, litigare ed egemonizzare le cronache per poltrone e incarichi di potere. Mentre ci si sarebbe aspettati interesse massimo per la riorganizzazione e rafforzamento della sanità, soluzioni per le sofferenze del personale sanitario e dei malati, Fratelli D’Italia e Lega si sono preoccupati di liste elettorali, incarichi di assessori e simili. Oltre che, tra le altre, pensare ad occupare milioni di fondi pubblici per un ritiro calcistico. 8 milioni avrebbero avuto sicuramente migliore e più utile destinazione nella sanità pubblica”.
La sanità pubblica abruzzese ancora oggi subisce gli effetti devastanti e nefasti del sistema svelato e fermato dall’inchiesta “Sanitopoli” del 2008. Un’inchiesta che colpì il sistema con il quale vennero foraggiate e sostenute le cliniche private e che portò all’epoca all’arresto di vari esponenti politici di rilievo regionale tra cui l’allora presidente della Regione Ottaviano Del Turco (PD). Condannato con sentenza passata in giudicato per alcuni reati di cui era accusato e per il quale, attacca Azione Civile, in queste settimane è in atto una “campagna di santificazione e difesa” a livello nazionale davanti la quale il movimento esprime “sconcerto ed indignazione”. Tredici anni dopo Sanitopoli i costi e i danni di quanto svelato dai giudici continuano ad essere scontati dai cittadini e dallo stesso personale sanitario. Dopo anni di tagli e chiusure di ospedali e assistenze sanitarie. L’anno scorso Azione Civile, come ricordato in un comunicato durante le prime settimane di emergenza sanitaria per la pandemia, espresse solidarietà ad una madre costretta ad annunciare lo sciopero della fame incatenata davanti la sede della Regione per chiedere il rispetto dei diritti del figlio autistico, riconosciuti anche da una sentenza. Nell’occasione il movimento definì assurdo che si fosse arrivati “ad un’ordinanza regionale che impone di lavorare ad operatori che sono entrati in contatto con persone risultate positive con il paradosso che agli operatori viene imposto il comportamento opposto a quello di tutti gli altri cittadini che vengono, tra l’altro, sottoposti a sorveglianza attiva da parte del suo stesso datore di lavoro” e definì inconcepibile il “ritardo per un’emergenza drammatica” nell’imporre alle cliniche private il ricovero almeno dei pazienti no-covid. “Perché – l’interrogativo di Azione Civile – visti i lauti finanziamenti pubblici e le attrezzature di prim’ordine, non anche i pazienti covid19? Ed è ancora più inaccettabile che alla fine la Regione pagherà, anche lautamente, questi ricoveri togliendo ancora ulteriori risorse alla sanità pubblica. L’ultimo assurdo paradosso di questa situazione”.