Esplosione che uccise tre operai in stabilimento che lavora anche con Esercito e Nato, secondo sequestro a marzo 2021 e la dura presa di posizione degli ambientalisti
di Alessio Di Florio
Il 21 dicembre 2020 un’esplosione uccise tre operai nello stabilimento della Esplodenti Sabino di Casalbordino (Chieti), specializzata in lavorazioni con esplosivi e che collabora anche con la Nato e l’Esercito Italiano. Abbiamo ripercorso i primi mesi successivi all’esplosione e le prime indagini della Procura di Vasto in un nostro articolo pubblicato il 4 settembre 2021 (http://www.lagiustizia.info/abruzzo-impianto-che-lavora-con-esercito-e-nato-8-mesi-fa-lesplosione-che-uccise-3-operai/ ).
A fine novembre scorso la Procura di Vasto ha inviato l’avviso di chiusura indagini. Partite immediatamente dopo l’esplosione e che portarono al sequestro dell’area. Oggi totalmente dissequestrata con lo stabilimento che è tornato in attività.
A seguito dell’esplosione di quasi due anni e tre mesi fa Augusto De Sanctis del Forum H2O e il segretario nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo presentarono vari esposti. In seguito arrivò un secondo sequestro con l’accusa di reati ambientali il 22 marzo 2021. Chiesto, riportò l’ANSA, perché sarebbero stati stoccati «in assenza di titoli autorizzativi, rifiuti pericolosi e non pericolosi, posti su nudo terreno all’interno di cisternette in più aree dello stabilimento, in assenza di idoneo bacino di contenimento atto ad impedire/contenere eventuali sversamenti/dilavamenti in danno del suolo, sottosuolo e acque superficiali e sotterranee; per aver illecitamente smaltito, attraverso operazioni di incenerimento all’interno del forno statico: incenerimento a terra di rifiuti liquidi pericolosi, imballaggi pericolosi, panetti filtranti pericolosi e scarti di lavorazione pericolosi, costituiti da acque contaminate da miscele esplosive prodotte; omettendo altresì la classificazione come rifiuto, il tracciamento quantitativo e qualitativo dello stesso; per aver illecitamente stoccato e raccolto rifiuti speciali pericolosi di varia natura (tra cui ceneri pesanti prodotti dall’incenerimento rifiuti presso il forno 80, polveri sottili prodotte dai sistemi di abbattimento, bossolame bonificato, imballaggi contaminati) depositandoli rispettivamente sul nudo terreno, all’interno di big bags o in cassoni scarrabili scoperti, ammalorati, non a tenuta, senza adottare eventuali cautele atte ad evitare la diretta esposizione dei rifiuti agli agenti atmosferici ed il dilavamento di eventuali inquinanti in danno delle matrici ambientali (suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee), utilizzando le aree di piazzale non pavimentate individuate nelle pertinenze del forno 80, non autorizzate a tale scopo, in difformità al titolo autorizzativo; per aver illecitamente smaltito i rifiuti, in seguito alla realizzazione di un’area dedita alla riduzione volumetrica dei rifiuti (pressa), priva di qualsivoglia titolo autorizzativo e di presidi ambientali atti ad evitare sia il dilavamento che lo sversamento sul suolo di rifiuti liquidi inquinanti».
«Questione ambientale rilevante e strettamente connessa alla sicurezza», «guardare a cosa non hanno fatto il Comitato VIA regionale, il CTR regionale, l’ARTA e la Prefettura di Chieti, alle vicende penali affiancare verifiche amministrative», «incredibili le falle raccontate nei quattro esposti a cui abbiamo lavorato» e «ora serve piano di indagini ambientali per escludere contaminazione di suolo e acqua» le richieste del Forum H20 all’indomani del secondo sequestro. «Riteniamo assolutamente sconcertante che nessuno tra gli enti di controllo, dall’ARTA alla Prefettura di Chieti, dal CTR retto dai Vigili del Fuoco al Comitato VIA della Regione Abruzzo, pare essersi accorto in questi anni delle evidenti anomalie che in pochi giorni di analisi dei documenti e delle foto aeree del sito sono emerse ai nostri occhi – ha dichiarato il responsabile del sodalizio Augusto De Sanctis – il Comitato VIA della Regione Abruzzo ha avuto la pratica di ampliamento dell’azienda per cinque anni (CINQUE ANNI) adottando un peculiare (eufemismo) parere favorevole alla riorganizzazione dell’impianto in cui allo stesso tempo si richiedeva di assoggettare a V.I.A. l’intero impianto esistente, senza ulteriori provvedimenti. Una evidente contraddizione messa nero su bianco solo un mese prima del terribile incidente rilevante in cui hanno perso la vita tre operai».
«Possibile che nessuno al Comitato VIA in questi 5 lunghi anni abbia fatto qualche verifica su un’azienda a rischio di incidente rilevante sottoposta – almeno sulla carta – a stringenti regole fissate dalla Direttiva Seveso? Possibile che il Forum H2O abbia impiegato poche ore di analisi delle foto aeree, disponibili sui siti WEB della regione e del Ministero, per scoprire che l’impianto in questione era stato largamente modificato negli anni senza procedere con la obbligatoria Valutazione di Impatto Ambientale? Come mai, visto che il Servizio V.I.A. per legge deve verificare la completezza della domanda fin dal suo avvio, nessuno ha chiesto dove fosse l’Autorizzazione Integrata Ambientale obbligatoria per le aziende che producono esplosivi? – gli interrogativi posti dal sodalizio ambientalista – a latere delle vicende penali, un serio ragionamento sullo stato delle strutture deputate alle procedure ambientali della regione è assolutamente necessario. Dal loro potenziamento, a partire dal personale impegnato e dalla trasparenza – non è possibile, ad esempio, che sui siti Seveso non vi siano documenti consultabili dalla popolazione online e che l’ARTA e il CTR non abbiano un sito WEB all’altezza in cui pubblicare i dati dei controlli e dello stato ambientale – ai meccanismi di funzionamento, come molte questioni sulla definizione delle responsabilità del comitato V.I.A. e del servizio V.I.A. rispetto alle procedure di legge, a partire dalle verifiche di ottemperanza alle prescrizioni. Infine, viste le problematiche che stanno emergendo dalle indagini, è urgente attuare per il sito della Sabino esplodenti e per le aree circostanti un piano di caratterizzazione ambientale per escludere contaminazioni di suolo e acque sotterranee».
«Dal confronto delle foto aeree del 2000, 2007 e 2017 sono emerse importanti modifiche allo stabilimento, che hanno comportato sia evidenti cambiamenti nelle strutture sia ampliamenti, mai assoggettati alla procedura di V.I.A – ricostruiva gli esposti presentati il Forum il 27 gennaio scorso – Solo nell’agosto 2015 l’azienda deposita la documentazione per la Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. ma esclusivamente per un’ulteriore modifica (lo spostamento di alcuni edifici per arretrare le curve di isodanno), procedura che rimane ferma in regione per ben 5 anni, fino a quando, a novembre 2020, il Comitato V.I.A. rilascia un parere favorevole a tali interventi, richiedendo però contestualmente l’avvio della procedura di V.I.A. sull’intero impianto da parte dell’azienda entro 90 giorni (nel giudizio si legge “Si ritiene necessario che la ditta attivi, entro 90 giorni dal presente giudizio, un procedimento di Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. o V.I.A. esteso all’intero stabilimento, mai sottoposto alle procedure di nostra competenza, in quanto “impianto esistente”)». Pochi giorni prima di questo comunicato, a seguito dell’esplosione del 21 dicembre, l’azienda ha chiesto una propoga di 180 giorni. La procedura che si stava seguendo, secondo il Forum H20 sarebbe «del tutto singolare in quanto la modifica dell’impianto per lo spostamento delle curve di isodanno (comprensiva di un edificio costruito abusivamente nel 2005 e per cui è stata richiesta la sanatoria nel 2012, originariamente destinato ad uso “agricolo” – come dichiarato dall’azienda al V.I.A. – ma situato nel perimetro dello stabilimento) oggetto del recente giudizio VIA favorevole rappresentava esso stesso una variante consistente dell’impianto. Era quindi proprio quello il momento di valutare l’intero stabilimento, senza poter rimandare a fasi successive tutte le valutazioni». Esisterebbero, prosegue il Forum, «forse eventuali altre problematiche autorizzative, ad esempio sulla Seveso, dal Rapporto di Sicurezza al Piano di Emergenza Esterno per i cittadini, di cui la Regione era a conoscenza? Sapeva la regione delle modifiche realizzate negli anni riguardanti l’impianto già in funzione, visto che la consultazione delle foto aeree è ormai procedimento di verifica routinario per noi volontari, figurarsi per i funzionari pubblici che hanno il compito di valutare gli impianti (anche se di tali verifiche non vi è traccia nella documentazione del comitato VIA)? L’impianto non doveva forse essere assoggettato ad Autorizzazione Integrata Ambientale oltre che a V.I.A. producendo anche esplosivi?». «Purtroppo le inadempienze di vari enti sull’applicazione del D.lgs.195/2005 sulla trasparenza dei documenti in campo ambientale – attacca il Forum H20 – non ci permettono di affrontare tutte le questioni che la situazione meriterebbe, per cui rivolgiamo un appello a tutte le istituzioni affinché vi siano risposte chiare nel più breve tempo possibile per sgomberare il campo da qualsiasi dubbio».