Qui da noi gli evasori se la ridono da sempre
di Francesco Bertelli
Mettendo per un attimo da una parte lo spread e gli attacchi senza ritegno da parte dei settori europei che contano, in barba all’Europa dei Popoli e della sovranità di ciascun paese membro dell’Unione, è giunto il momento di affrontare uno dei più gravi problemi che attanagliano da sempre il nostro Paese: l’evasione fiscale e nella fattispecie dare un’occhiata ai rimedi che il “sistema-paese” ha adottato per tutelare questo fenomeno. Si; non combattere ma tutelare.
E’ dibattito di questi giorni l’argomento sul condono , condonino, mani e manine in riferimento al decreto fiscale inserito nella manovra finanziari dal governo Conte. Ma ciò che stupisce non è il fatto (come vedremo a breve) che i “giallo-verdi” abbiano introdotto delle guarentigie a tutela di chi evade (e vedremo anche come e in che misura) ma lo stupore di stampa e opposizione (laddove pervenute).
Si perchè la tutela agli evasori e all’evasione in quanto tale è una prassi consolidatasi in questo Paese da sempre. L’aiutino inserito in questi giorni nel decreto fiscale , poi corretto in versione più soft, è solo l’esempio più recente e per paradosso quasi quello meno influente.
Si possono usare vari termini, formule rassicuranti finalizzate ad annacquare il reale significato, ma il voluntary discosure, il ravvedimento operoso o la pace fiscale, restano ciò che sono: dei condoni. Questi ultimi giorni sono stati la misura con cui spesso si è ricorsi in Italia per girare l’ostacolo rappresentato dalla lotta all’evasione. Una lotta che lo Stato potrebbe vincere se ci fosse la volontà politica diventata ormai quasi un’entità mistica sconosciuta.
Negli ultimi giorni non si sente altro che parlare di pace fiscale. Ora, visto che la lingua italiana è una delle più chiare e precise nel mondo, se si parla di pace deve per forza esserci stata una guerra. L’alieno di Flaiano se atterrasse nel nostro Paese si chiederebbe, giustamente, che tipo di guerra agli evasori sia stata fatta. Nessuna, appunto Anzi, gli evasori se la sono sempre passata bene in questo Paese, mentre la pressione fiscale per chi le tasse le paga è aumentata sempre di più.
Dalle infinite sanatorie dal 1970 a oggi, alla depenalizzazione del falso in bilancio voluta da Berlusconi, scendendo fino alla prescrizione sicura all’aumento delle soglie volute da Renzi, dai limiti nelle procedure di verifica della Guardia di Finanza, alle pene troppo basse fino ad avere la certezza matematica che a breve un nuovo condono sarà fatto. Questa è la situazione. E non c’è da stupirsi che se si considera solo l’evasione fiscale l’Italia ha una voragine che oscilla tra i 124 e i 132 miliardi di euro versati. Soldi che sarebbero sufficienti almeno a rimettere in carreggiata un Paese.
Interessante è il Rapporto del ministero dell’Economia del 2015 e riportato recentemente anche sul sito Linkiesta.it. Nel rapporto si legge che << non vi è periodo , dal 1970 al 2008, che non sia stat interessato da qualche forma di condono o sanatoria >>.
Vediamoli brevemente questi periodi per rinfrescarci un po’ la memoria.
Si cominciò nel 1973, quarto governo Rumor. In una gravissima crisi petrolifera il Ministero delle Finanze Emilio Colombo decise un condono a cui aderirono oltre 2 milioni e mezzo tra cittadini e imprese. Lo Stato incasserà 3 mila miliardi di lire a fronte di un gettito complessivo in quell’anno che sfiorava i 20 mila miliardi.
Il padre di tutti i condoni però è un altro. Arriva nel 1982, dal ministro Formica durante il governo Spadolini: 11 mila miliardi di lire arrivano all’erario. Il tutto venne giustificato dalla necessità d sfoltire il carico delle numerosissime cause tributarie pendenti.
Tra il 1985 e i 1989 fioccheranno sanatorie senza un domani. Poi nel 1991 sotto il governo Andreotti V il ministro Formica ci riprova ma stavolta verranno incassati 6 mila e 500 miliardi. Poi Dini nel 1995 con il ministro Fantozzi realizzerà un concordato fiscale che porterà in cassa 5 mila miliardi di lire.
Parlando di evasione fiscale non si può dimenticare Silvio Berlusconi. Oltre al condono fiscale del 2003 di Tremonti (per 19,3 miliardi di euro), che rappresenta il primo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall’estero, nel 2009 il governo Berlusconi IV con un secondo scudo fiscale fa un regalo decisamente goloso agli evasori: da la possibilità a questi ultimi con i soldi all’estero di mettersi in regola, con la garanzia dell’anonimato, a fronte del pagamento di una somma del 5%.
Il capolavoro assoluto dei governi Berlusconi resta la depenalizzazione del falso in bilancio nel 2002: si depenalizzava la parte procedibile d’ufficio , mentre rimaneva in vigore quella procedibile a querela di parte. Ovvero: lo Stato non poteva più intervenire di sua iniziativa nell’ambito di una verifica qualora il bilancio risultasse falsato, ma solo se il socio o il creditore sporgeva querela.
Con il governo Renzi il falso in bilancio non venne assolutamente abolito, al di là di quello che ci hanno raccontato: tutte le scappatoie possibile restarono in vigore. Vennero innalzate da 1.000 a 3.000 euro le soglie per i pagamenti in contanti, si alzarono anche le soglie di rilevanza penale da 50 a 150 mila euro per la dichiarazione infedele e da 50 a 250 mila euro per il mancato versamento dell’Iva. E poi nel 2015 la Voluntary disclosure. Tradotto: emersione dei capitali all’estero volontaria, cioè se vuoi.
E veniamo ai giorni nostri. Gran battaglia sulla pace fiscale del governo dei “giallo-verdi”. I 5 Stelle hanno continuato a parlare di aiuto alle persone in difficoltà e ai piccoli imprenditori. La Lega proponeva di ampliare lo sconto a chi ha evaso fino a un milione di euro. Poi è intervenuta una manina nella bozza da presentare al Mef (la cui tempesta mediatica poteva essere evitata se qualche giornale avesse reso nota l’attività di moral suasion del Quirinale alla lettura della bozza) e infine un accordo pare essere raggiunto.
Ma il problema resta: se non si dota la Guardia di Finanza di mezzi più efficaci, se non si abbassano le soglie di impunibilità alzate da Renzi, se non si introduce per davvero il reato di falso in bilancio, la macchina non parte.
E anche stavolta, nel dl fiscale del governo Conte il rischio di scappatoie è forte. Il risultato rischia quindi di essere lo stesso: alla fine a rimetterci saranno sempre i contribuenti onesti.