Ricordiamo le minacce di mafie, eversione e regimi nella giornata della libertà di stampa
di Alessio Di Florio
Il 3 maggio è la Giornata mondiale della libertà di stampa, proclamata dallassemblea generale delle Nazioni Unite il 3 maggio 1993 (ormai 27 anni fa!). A tutte le latitudini tutti i governi e le istituzioni dichiarano di avere unaltissima considerazione della libertà della stampa e di difenderla, accade in Europa e in Italia, negli USA, persino in luoghi come la Turchia. Ma, così come la legalità democratica, la lotta alle mafie e alla corruzione, la verità sui giochi sporchi del potere, solo quando non danno fastidio, quando non rompono le cappe dellomertà, dellomologazione, dei propri interessi consolidati. Basta scorrere i social per trovare insulti, attacchi, parole di ogni tipo contro i giornalisti e la stampa, basta anche un solo articolo che non sia allineato al proprio pensiero unico per vedersi vomitare addosso di tutto compreso lauspicio di essere aggrediti o di morire. Destino simile a quello, per esempio, dei magistrati e di coloro che realmente in prima linea sono impegnati nella denuncia e nel contrasto alle mafie: pullulano le cerimonie e i post sui social network su Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Peppino Impastato, su come è una vergogna che i loro sacrifici siano stati dimenticati e sarebbero stati resi vani. Poi scorri le stesse bacheche, vedi gli stessi comportamenti concreti di rappresentanti istituzionali, politici, attivisti e cittadini e si comportano esattamente come chi considerava scandaloso Peppino o isolò e cerco di delegittimare Falcone e Borsellino. NellItalia del 2020 dove le mafie già stanno sfruttando lemergenza sanitaria ed economica (come denunciato in questo comunicato da Azione Civile https://www.azionecivile.org/2020/04/25/41bis-e-infiltrazioni-nella-societa-inaccettabile-cedere-di-fronte-alle-mafie-solidarieta-ai-magistrati-insultati-su-facebook-le-mafie-sono-una-minaccia-alla-democrazia-e-stanno-gia-sfruttando-l/ e in questintervista da Antonio Ingroia https://www.wordnews.it/il-disatro-e-i-morti-sono-sulla-coscienza-di-chi-ha-distrutto-la-sanita-pubblica ), dove corruzione e colletti bianchi impazzano basta che un magistrato come Nicola Gratteri, Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita o Catello Maresca o un giornalista antimafia esprimono mezza parola, facciano un quarto di atto e si scatena la canea contro di loro, possono parlare le penne (anzi, oggi dovremmo scrivere le tastiere) più serventi, i saltimbanchi di ogni epoca, i coinvolti nei peggiori giochi sporchi ma loro non sarebbero legittimati ad esprimere, dovrebbero per lor signori tacere e chissà forse anche vergognarsi di esistere.
Minacce e precarietà contro la stampa libera italiana
Tanti sono i giornalisti italiani insultati e minacciati, tra i casi più conosciuti Sigfrido Ranucci e Report per le inchieste sulle menzogne e le trame neofasciste e lex direttore di Repubblica Carlo Verdelli. Contro la redazione del programma RAI e il suo direttore si sono scatenate ripetute minacce di ogni tipo e gli attacchi più squallidi e violenti possibili, non si riesce più a contare sui social i post, i commenti e i gruppi (che ne chiedono anche la chiusura). È stato diffuso nelle scorse settimane addirittura un manifesto funebre con tanto di data contro Verdelli per le denunce della galassia eversiva neofascista, e ha colpito lassurda coincidenza tra quella data e il suo licenziamento da direttore del quotidiano, che ha portato allassegnazione della scorta per tutelare la sua sicurezza. Situazione analoga per lautore di Nazitalia Paolo Berizzi e Federica Angeli, autrice di inchieste e libri sulla mafia ad Ostia, sulla violenza, gli affari e le complicità di ogni tipo (anche nella galassia neofascista) del clan Spada. È stato minacciato nelle ultime settimane due volte Salvo Palazzolo che ha documentato, tra laltro, la presenza di un personaggio proveniente da famiglie mafiose nella distribuzione di aiuti durante questemergenza. Un fenomeno segnalato in più località italiane, quello di clan mafiosi che stanno sfruttando lemergenza per accreditarsi presso le fasce più impoverite e fragili della società per poi presentare conti salati nei prossimi mesi arruolando nuova manovalanza per le attività criminali come hanno ripetutamente denunciato Maresca (https://www.wordnews.it/maresca-la-criminalita-organizzata-non-e-in-quarantena ), Gratteri e altri magistrati e anche associazioni antimafia e testimoni di giustizia come Luigi Coppola (https://www.wordnews.it/lo-stato-non-abbandoni-alla-camorra-un-futuro-esercito-di-manovalanza-dopo-la-pandemia-coronavirus ).
Aumentano le aggressioni di giornalisti che documentano attività criminali ed eversive in varie zone calde della Penisola e cresce il numero dei giornalisti minacciati e sotto scorta. Giornalisti che dovrebbero essere tutelati, difesi, le cui inchieste dovrebbe essere dovere civico e morale far conoscere, diffondere, considerare patrimonio comune ed invece sono anche oggetto di campagne di fango, menzogne, delegittimazione. Oltre i già citati negli ultimi anni possiamo citare, per esempio, Sandro Ruotolo, Paolo Borrometi, Michele Albanese, Lirio Abbate, Giovanni Tizian, Roberto Saviano, Marilena Natale e Rosaria Capacchione. Lanno scorso Nello Scavo e Nancy Porsia documentarono definitivamente gli accordi e le complicità italiane con il boss libico del traffico di esseri umani Bija, dopo ripetute minacce (qui il comunicato di solidarietà di Azione Civile https://www.azionecivile.org/2019/10/22/antonio-ingroia-e-azione-civile-solidarieta-e-sostegno-a-nancy-porsia-e-nello-scavo-rilanciamo-e-facciamo-nostre-le-loro-denunce/ e questo il nostro precedente articolo nei mesi scorsi http://www.lagiustizia.info/la-trattativa-stato-mafia-anche-in-libia/ ) ad ottobre entrambi sono stati messi sotto protezione. Fatti che dimostrano quanto, sotto ogni velo di propaganda, odio, campagne che superano ogni limite di decenza, i veri intrecci criminali, gli affari mafiosi sulla pelle dei migranti sono argomento delicato ed importante. E non essendo utile per taluni interessi elettorali e di potere (e ormai non cè più neanche bisogno di ricordare quali, è lampante chi sulle sofferenze, i drammi e le lacrime dei più disperati tra i disperati lucra e specula …) chi ne parla è a rischio. Poco meno di un anno fa erano arrivati a 22 i cronisti italiani sotto scorta, 4 in più dellanno precedente. Una situazione a cui si aggiunge il ricatto della precarietà, degli articoli pagati pochissimo, la totale insicurezza economica di chi non si accontenta delle veline del padrone e dei piccoli e grandi potentati economici e della diffusa borghesia mafiosa. Nessuna vera libertà di stampa sarà possibile se chi vuole diventare giornalista e seguire la strada e il giornalismo etico di Pippo Fava si trova davanti ad un bivio: mollare ed accontentarsi di essere asservito o rischiare ogni giorno senza nessuna tutela e difesa. Minacce a cui si aggiunge sempre il rischio di una querela, di una richiesta in sede civile, che arrivano a prescindere dal merito dellinchiesta ma solo a scopo intimidatorio. Vengono definite querele temerarie e rappresentano una tremenda spada di Damocle per ogni giornalista indipendente e precario. Sono anni che vengono promesse leggi per tutelare la stampa libera e frenare questo fenomeno ma finora tutto è rimasto lettera morta. LItalia è stata condannata due volte dalla Corte Europea dei Diritti Umani che dal 1996 invita gli Stati membri a rimuovere le norme che prevedono il carcere per i giornalisti, leggi che violano larticolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Davanti alla Corte Costituzionale pendono due giudizi incidentali di legittimità sollevati dai giudici di Salerno e di Modugno-Bari. Dalla memoria depositata alla Consulta il 31 marzo scorso sappiamo che il governo italiano non disdegna lidea di veder finire qualche giornalista nelle patrie galere — denuncia Ossigeno per linformazione (https://www.ossigeno.info/al-governo-piace-il-carcere-per-i-giornalisti/) che ha espresso una indignata protesta e chiede chiarimenti al governo (https://www.ossigeno.info/carcere-si-o-no-ora-il-governo-deve-chiarire/ ) – Lo sappiamo, o meglio lo deduciamo, poiché lAvvocatura dello Stato, chiamata a rappresentare la posizione della presidenza del Consiglio davanti alla Corte Costituzionale, sostiene questa tesi, nero su bianco, nella memoria difensiva depositata il 31 marzo 2020 presso la Consulta.
Alessandro Bozzo è stato un giovanissimo cronista precario di Cosenza. Giornalista di punta della cronaca regionale, essenziale e tagliente nello stile, scomodo e senza sconti nelle sue denunce, Bozzo si è suicidato il 15 marzo 2013. In realtà precario lo era diventato quando il suo contratto di lavoro fu trasformato da tempo indeterminato in tempo determinato. Sono ormai 7 anni che Bozzo non c’è più, non può più denunciare, scrivere articoli, raccontare la cronaca e il suo territorio. Continuano invece ad impazzare e restano sempre “liberi” di potersi esprimere improbabili opinionisti di comodo, giornalisti (tali solo perché hanno un tesserino in tasca) amati e coccolati dal jet set, direttori ed ex direttori di quotidiani anche quando la loro carriera è stata costellata di insuccessi e flop. Personaggi che si atteggiano a illuminate autorità morale dellaltrui comportamento, sempre costruendo verità di comodo per il suo padrone del momento, imprenditori, politici e mafiosi vari oggetto (cosa a quanto pare per loro inaccettabile) di indagini e inchieste della magistratura e della stampa indipendente.
Turchia ed Egitto immensa prigione contro la stampa libera
A livello mondiale il caso più eclatante, ormai quasi del tutto dimenticato in Italia tranne che da associazioni, comitati e poche realtà editoriali indipendenti, è quello di Julian Assange. La vita del fondatore di Wikileaks è sempre più a rischio come abbiamo costantemente riportiamo (http://www.lagiustizia.info/?s=Assange ), i suoi cabli hanno svelato al mondo cosa cè dietro le menzogne di regime di ogni tipo, vi troviamo documenti importantissimi sulle guerre (a partire dallIraq) e tante altre vicende, compresa la terra dei fuochi campana e gli intrecci tra camorra, massoneria, imprenditori senza scrupoli, pezzi dei servizi segreti e delle istituzioni. Per aver reso questo servizio alla verità Assange potrebbe morire, ucciso dalle disumane condizioni di prigionia. Ucciso come lo è stato Giulio Regeni, i comitati che si battono per verità e giustizia, associazioni per i diritti umani, la sua famiglia continuano a denunciare (https://www.pressenza.com/it/tag/giulio-regeni/ ) lo scarso impegno italiano nei confronti del governo egiziano, il continuo arresto di reporter e blogger indipendenti nel Paese, le violazioni ripetute dei diritti umani nellEgitto con cui lItalia continua a mantenere rapporti economici (dalle fonti energetiche fossili alla vendita di armi) e politici stretti su cui Azione Civile ha ripetutamente preso forti posizioni di denuncia (https://www.azionecivile.org/?s=egitto ). E, tra gli arrestati, continua ad esserci — ormai nel silenzio italiano, rotto solo da Amnesty International e le realtà indipendenti — di Zaki, lo studente dellUniversità di Bologna.
Tanti sono i regimi che hanno trasformato il loro Stato in unimmensa prigione per i giornalisti indipendenti tra cui la Turchia, un altro paese con cui lItalia e lUnione Europea mantengono stretti rapporti politici, economici e militari come Azione Civile ha documentato e denunciato ripetutamente (https://www.azionecivile.org/2019/10/19/antonio-ingroia-e-azione-civile-si-schierano-col-popolo-kurdo-ue-ed-italia-cessino-ogni-collaborazione-col-regime-turco-basta-ipocrisia-e-giochetti/ e https://www.azionecivile.org/2019/10/31/azione-civile-sostiene-la-manifestazione-del-1-novembre-contro-la-nuova-guerra-di-erdogan-ai-kurdi-solidali-con-i-curdi-i-siriani-gli-yemeniti-e-tutti-i-popoli-colpiti-da-guerre-e-trafficanti/ ). Rapporti che permettono al regime di Erdogan di continuare a reprimere il popolo turco e violare ogni diritto umano soprattutto nella guerra spietata e infinita contro i curdi. Al 4 giugno dellanno scorso nelle carceri turche erano prigionieri 157 giornalisti (https://www.retekurdistan.it/2019/06/04/157-giornalisti-in-carcere-in-turchia/ ), già due anni prima era stato calcolato che la metà dei giornalisti imprigionati nel mondo fossero prigionieri nelle carceri del regime di Ankara. Tra il 29 febbraio e il 4 marzo di questanno almeno quattro giornalisti sono stati fermati nella provincia di Edirne mentre stavano raccontando il dramma dei migranti, negli stessi giorni ad Istanbul è stato arrestato il direttore di Oda Tv dopo linchiesta pubblicata sul sito della testata sui soldati turchi morti nella guerra in Libia. Al 7 aprile i giornalisti arrestati perché stavano raccontando lemergenza covid19, criticando la linea e i silenzi del regime di Erdogan, erano già 410.