Sfruttamento della prostituzione e turismo sessuale nel mondo

 

di Alessio Di Florio

Una rapida consultazione sul web riporta che nell’ultimo mese in Italia ci sono state inchieste con arresti contro lo sfruttamento di prostituzione al ritmo di quasi uno al giorno. Nelle periferie, nei luoghi più sperduti ai margini di strade spesso tra le più frequentate, o anche in luoghi chiusi nei salotti buoni delle nostre città lo sfruttamento della schiavitù sessuale è una piaga sociale che non conosce crisi. Turpi comportamenti che alimentano le mafie più diverse. Dalle radicate organizzazioni criminali italiane a quelle attive nell’Europa dell’Est. Fino ad arrivare, e negli ultimi anni appare sempre più forte, quelle nigeriane.
Sulle mafie partite dallo Stato africano alcuni “miti” mediatici e politici sono facilmente smontabili per chi vuole andare oltre il clamore o l’interesse di alcuni partiti. Mafie che sono la plastica dimostrazione di meccanismi criminali e connivenze/complicità varie. Prima di tutto va smentito il primo e più grande “mito”: le mafie nigeriane sono attive dalla fine degli Anni Settanta, quando addirittura alcune delle organizzazioni criminali italiche non erano ancora sorte o erano agli esordi. Mafie, a partire da “Ascia nera” (denunciata in un documentario libro d’inchiesta di Leonardo Palmisano), che sono sbarcate e si sono rafforzate non certo grazie a quel che affermano alcuni partiti italiani che con la propaganda sull’immigrazione in questi anni hanno mietuto consensi. Come documentato da Palmisano hanno iniziato a crescere, e a rafforzarsi economicamente, occupandosi della sorveglianza e sicurezza per conto delle multinazionali occidentali presenti in Nigeria. Cambiano le latitudini ma il sistema è sempre quello che ben conosciamo (o dovremmo) in Italia: grande impresa, connivenza politica e clan vivono e si spartiscono affari e potere a braccetto.
Non c’è frontiera o (presunta in Italia se vogliamo vedere la realtà) legge sicuritaria che tenga. Trump in questi anni ha tentato di spacciare la costruzione del muro al confine del Messico (in realtà, come noto, il rafforzamento di un muro già realizzato da Bill Clinton) come argine al narcotraffico. Mentre accadeva quel che i media in questi anni ci hanno raccontato le mafie centroamericane, e anche altre come Ascia Nera, hanno semplicemente aggirato l’ostacolo via mare entrando negli USA dal Canada. Passaggio di cui hanno approfittato per fare affari anche lì. Così come le leggi italiane ed europee, dalla Turco Napolitano in poi, non hanno frenato quella che Dino Frisullo denunciò già nel 1997 come la “holding degli schiavisti”. Anzi, gli hanno fornito immense praterie da sfruttare. Ma mentre le mafie nigeriane, a braccetto con le altre già presenti in Italia al contrario di quanto alcuni titoli di quotidiani italiani hanno affermato negli anni, hanno lucrato per il mondo – inondando anche le strade delle nostre città, dove ormai l’eroina (ma profondamente diversa, e a prezzi molto più bassi, di anni e anni fa) è tornata ad essere diffusissima – con droghe, diamanti e tratte di esseri umani schiavizzati, la prima volta in cui in Italia si è “parlato” di mafie nigeriane in realtà gli africani coinvolti erano vittime. Nella strage di Castel Volturno del 18 settembre 2008 i 6 migranti vittime non erano spacciatori, come all’epoca subito i grandi media affermarono. Ma furono uccisi per un tentativo di “pulizia etnica” camorristica che aveva l’obiettivo di intimidire e far fuggire la loro comunità. Così come bufale sparse per il web, ma riprese incredibilmente da agenzie stampa e ovviamente da alcuni leader politici nazionali, la spacciarono come presente al funerale di Emmanuel, il nigeriano fuggito da Boko Haram e assassinato a Fermo due anni fa. Mentre dopo il terribile assassinio di Pamela a Macerata, oltre la solita retorica, quasi nessuna voce approfondì perché era così facile procurarsi droga in città. E lo sfruttamento sessuale presente. Ci fu un italianissimo meccanico, trattato addirittura dal Corriere della Sera e altri come un’umanissima e straziata anima, che la sfruttò sessualmente. E nei mesi successivi un’inchiesta di Rainews24 documentò un florido giro di sfruttamento della prostituzione nella borghesia buona della città.
Ma, tranne in occasione di ronde e campagne elettorali, la parola prostituzione in Italia è tabù. Perché è sempre florida, perché la tratta non va mai in crisi e chi la alimenta quotidianamente sono domande troppo scomode. Dovrebbe interrogare e indignare. E invece il silenzio e l’omertà regnano. Come accaduto con una notizia, resa nota nei giorni scorsi, proveniente da Vicenza: ai militari USA di stanza nella città già da gennaio è stato vietato entrare in un locale della città. E’ l’atto più grave di una campagna per frenare la dissoluta movida dei soldati a stelle e strisce. E’ la prima volta in Italia mentre negli stessi USA e in Germania è prassi diffusa. Una “movida” costellata di innumerevoli casi di risse, alcolismo, varie infrazioni. Fino alle violenze sessuali. Una realtà orrendamente simile a quanto accaduto, per esempio, in occasione delle grandi manifestazioni sportive internazionali: non c’è mondiale di calcio senza impennata dello sfruttamento della prostituzione, alimentata dai tantissimi che giungono per assistere alle partite. E tra l’una e l’altra sfogare gli appetiti più turpi. Totalmente indifferenti a quale business criminale si sta alimentando e delle sofferenze delle ragazze sfruttate. O della loro età. Perché tra i business criminali nei quali l’Italia è in vetta nel mondo c’è quello del turismo sessuale, anche se non soprattutto con bambine e bambini. Passano gli anni, la crisi ha devastato ogni settore economico. Ma, incredibilmente, l’Italia rimane al primo posto. Con una partecipazione costante: ogni anno oltre 80.000 sono i clienti italiane di uno dei crimini più orrendi e disumani possibili. Una cifra costante da oltre dodici anni, per quanto mi sia stato possibile documentarmi sul web, quando ne scrissi la prima volta. “Solo nel 3 per cento dei casi si tratta di pedofili, mentre la maggioranza è composta da uomini che solo quando si presenta l’occasione abusano di bambini” denunciò nel 2007 il presidente di Ecpat-Italia Scarpati. “Non basta dare la caccia agli orchi – dichiarò – bisogna accendere la luce anche su quei viaggiatori che tutti gli anni si muovono verso mete esotiche alla ricerca di sesso con minorenni e che spesso restano impuniti“.  Prima meta il Brasile, insieme al sud est asiatico. La prima zona d’Italia per partenze il triveneto. Nello stesso anno una testimonianza del missionario comboniano italiano Renato Kizito Sesana alla rivista dell’associazione Amani riportò cosa accade in Kenya sulla costa a nord di Mombasa. Nei bar si possono trovare “uomini bianchi anziani con ragazzine, o con ragazzi adolescenti; donne bianche con ragazzi che potevano essere i loro figli o nipoti”, nello Stato africano “il turismo sessuale è gestito da una complessa rete segreta. I luoghi di incontro sono ville ben riparate e vigilate, saloni di bellezza, centri per massaggi e residence. Fanno parte della filiera alcuni operatori turistici e alberghieri. In testa viene Mombasa, seconda città keniana e porto di rilievo. Qui, per soddisfare i marinai delle portaerei americane, arrivano ragazze fin dalla Repubblica Democratica del Congo, da Ruanda, Burundi, Uganda e Tanzania. I marinai pagano fino a 100 dollari a incontro”.